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Antisemitismo

“L'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.”

- Primo Levi



Logo realizzato da Elia Coprivez, V C

Antisemitismo: Inventario
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Antisemitismo: Chi siamo

Antisemitismo

1. Cos'è l'antisemitismo?

2. In Germania: le Leggi di Norimberga

3. In Italia: le Leggi Razziali

4. Approfondimento sull'Educazione

5. Historia magistra vitae?

Antisemitismo: Titolo
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1. Introduzione sull'antisemitismo

Il termine antisemitismo delinea, a priori e acriticamente, forti sentimenti negativi, di pregiudizio o di odio, nei confronti degli Ebrei, assegnando loro caratteristiche uguali, annullando del tutto così l’individualità del singolo.  

L’ostilità nei confronti degli Ebrei risale a molti secoli fa, tanto da essere definita, in letteratura, come l’odio più antico. Un interessante studio di J. A. Chanes ci rappresenta come questo sentimento sia nato e si sia sviluppato nel corso della storia:

  • Antigiudaismo precristiano: risale all’Antica Grecia e all’Antica Roma ed è di natura etnica. Il primo autore antisemita è un sacerdote egiziano, che narra dell’espulsione degli Ebrei da parte del Faraone, convinto che fossero colpiti dalla lebbra, quale malattia ereditaria, da combattere e annientare. Essi sono odiati anche perché professano una religione monoteista, molto diversa dalle altre allora professate.

  • Antisemitismo religioso cristiano: sviluppato dal Medioevo fino alla storia moderna, avente natura religiosa. Nel IV e V secolo, infatti, quando oramai il Cristianesimo era una religione ufficiale in Palestina, gli Ebrei rappresentavano una piccola e dispersa minoranza di fronte alla potenza politica e religiosa dell’Impero. Qui iniziano a comparire le prime ostilità e le persecuzioni verso gli Ebrei: vengono emanate leggi antigiudaiche e si inizia ad accusare gli Ebrei di gravissimi sacrilegi;

  • Antisemitismo musulmano tradizionale, molto limitato, in quanto gli ebrei erano considerati una classe protetta;

  • Antisemitismo politico, sociale ed economico dell'Illuminismo e dell'Europa postilluministica, che ha posto le basi per l'odio razziale;

  • Antisemitismo razziale, che culmina con il Nazismo. L’antisemitismo fascista trova la sua definizione più completa nella Dichiarazione della razza (Gran Consiglio del Fascismo, 1938), che affermava che l’ebraismo mondiale è stato l’animatore dell’antifascismo in tutti i campi e che l’ebraismo estero o italiano fuoruscito è stato in taluni periodi culminanti (v. 1924-25 e Guerra di Etiopia). Prima di tale atto, il Regime si era mosso con azioni concrete per affrontare quello che, oramai apertamente, era definito come il problema ebraico, risolvibile, secondo Mussolini, solo emanando leggi in grado di estromettere progressivamente gli Ebrei dagli ambiti della vita civile e sociale così da spingerli ad abbandonare l’Italia;

  • Antisemitismo contemporaneo, questo fenomeno oggi si manifesta in diversi modi: disegni di svastiche o scritte di odio sui muri; violenza verbale nelle scuole con il bullismo antisemita o negli stadi con cori di provocazione o addirittura in rete internet con gli insulti; azioni di ostilità antiebraica proprie di taluni gruppi politici estremisti. Tutte queste espressioni, purtroppo, si inaspriscono in prossimità della ricorrenza della Giornata della memoria.

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2.  In Germania

La politica della razza nella Germania nazista è motivata dall’esito della sconfitta subita nella Prima Guerra Mondiale. I nazionalisti tedeschi, umiliati dalle sanzioni durissime e punitive decise con il Trattato di Versailles, riversarono il loro sentimento di rivincita soprattutto sulla popolazione ebraica tedesca. 
L’antisemitismo costituì uno dei principi fondamentali dell’ideologia nazista in Germania. 
L’intenzione di individuare e separare gli Ebrei dalla razza ariana e di privarli dei diritti politici, giuridici e civili fu mitigata dalla parte più moderata della popolazione tedesca fino al 1933. Ma quando Hitler e i nazisti salirono al potere iniziarono ad addossare la colpa agli Ebrei della grave situazione di miseria e di disoccupazione in cui versava la Germania.  
Il 7 aprile 1933 vennero emanate leggi razziali, che escludevano gli Ebrei tedeschi da molte professioni e associazioni. 
Il 15 settembre 1935 furono promulgate le Leggi di Norimberga che definirono gli ebrei sub-umani e la Legge Reichsbürgergesetz sancì la negazione della cittadinanza e quindi anche dei diritti garantiti ai cittadini alle persone di razza ebraica. Così gli Ebrei vennero banditi dall’esercito; nei negozi e nei ristoranti apparvero i cartelli vietato l’ingresso agli ebrei e il lavoro di ragazze tedesche con meno di 45 anni a favore di famiglie ebree fu vietato.  
La Legge “Gesetz zum Schutz des deutschen Blutes und der deutschen Ehre” garantiva e proteggeva la purezza del sangue e l’onore dei tedeschi: i matrimoni tra un ebreo e un tedesco erano aboliti e quelli celebrati in contrasto a ciò, erano nulli. 
Il 7 aprile 1933 entrò in vigore una legge che introdusse la perdita dell´impiego per tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di razza non ariana. 
Secondo la legge contro il sovraffollamento delle scuole tedesche del 25 aprile 1933, in lingua originale intitolata “Gesetz gegen die Überfüllung deutscher Schulen und Hochschulen”, al massimo il 5% di tutti gli studenti di una scuola poteva essere di origine “non-ariana”. Soltanto l'1,5 % dei nuovi iscritti fu rappresentato da queste persone. Anche questa norma venne introdotta senza eccezioni per tutti gli stranieri ebrei nei decreti legge italiani riguardanti la difesa della razza italiana.
Nel novembre 1938 venne proibito a tutti gli Ebrei di frequentare scuole pubbliche e nel giugno 1942 venne introdotto il divieto di qualsiasi tipo di frequenza scolastica, oltre allo scioglimento di tutte le scuole ebraiche. Il decreto legge del settembre 1938 proibì l’ammissione di persone di razza ebraica a tutti i gradi della formazione scolastica e universitaria.

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3. In Italia

Seppure il razzismo si fosse tiepidamente diffuso in Italia almeno fin dalle prime campagne coloniali dell’inizio del Novecento, le leggi razziali qui seguirono l'esempio di quelle tedesche solo nel 1938. Il primo vero atto fu Il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, pubblicato in forma anonima sul Giornale d’Italia il 14 luglio 1938 col titolo Il Fascismo e i problemi della razza. Successivamente, una rapida impennata: il 5 agosto1938 uscì La Difesa della razza; il 5 settembre 1938 fu varato il Decreto per l’esclusione dei professori dalla scuola, che congedò gli insegnanti ebraici; il 16 ottobre 1938 fu istituito il Tribunale della razza.  
Il Manifesto sosteneva fanaticamente l’esistenza delle razze umane e l’origine ariana della popolazione italiana conseguente all’invasione dei Longobardi, dunque per fare in modo che l’Italia da allora non avrebbe più subito contaminazioni, decideva di non permettere agli ebrei di unirsi alla civiltà italica ariana. Con tale assunto l’Italia prendeva le distanze dalle Leggi di Norimberga, in quanto fondava la teoria della supremazia della razza ariana italica su basi scientifiche e così giustificava l’emanazione delle leggi razziali del 13 luglio 1938.  
A inizio settembre 1938 fu emanata la Legge per il rinnovo dell'amministrazione pubblica, che pensionava gli impiegati pubblici non di discendenza ariana. 
Il 6 ottobre del 1938 venne emessa La Dichiarazione sulla razza che stabiliva il divieto di matrimoni di italiani con soggetti non ariani, il divieto per i dipendenti della Pubblica Amministrazione di sposare donne straniere di qualsiasi razza e il preventivo consenso del Ministero dell’Interno per il matrimonio tra italiani. Inoltre, si vietava l’ingresso nel Regno agli Ebrei stranieri e l’espulsione degli indesiderabili, elencando chiaramente le caratteristiche che rendevano un ebreo tale (nascita da entrambi i genitori ebrei, da padre ebreo e madre straniera e religione ebraica) oltre ai divieti ai quali gli ebrei erano sottoposti (impossibilità a essere iscritti al partito fascista, essere proprietari di aziende e terreni e di prestare il servizio militare).

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4. Approfondimento sull’Educazione

  

E’ oltremodo interessante soffermarsi sulle conseguenze che il fascismo ebbe sull’educazione. Il progetto totalitario fascista, infatti, realizzò alcune iniziative che riguardavano l’educazione giovanile, sia con una riorganizzazione della scuola, che sia istituendo organizzazioni extrascolastiche dedicate ai più giovani. 

Mussolini e l’allora Ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai, posto che erano convinti che la scuola fosse la misura della vita morale del paese, idearono e impostarono una politica di esclusione degli ebrei italiani e stranieri dalle scuole del Regno, con lo scopo di giungere a una arianizzazione totale del mondo scolastico. 

Il primo Regio Decreto Legge 5 settembre 1938, n. 1390 Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista sanciva l’esclusione di persone di razza ebraica dall’ufficio di insegnante, docente, preside, direttore, personale ausiliario e di vigilanza in scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e vietava l’iscrizione alle scuole di qualsiasi ordine e grado agli alunni di razza ebraica, pur permettendo agli studenti universitari ebrei, già iscritti nei passati anni accademici, di proseguire gli studi. 

Il settore educativo fu, dunque, il primo ambito a venire tremendamente colpito; a farne maggiormente le spese fu l’insegnamento universitario, posto che vantava una presenza ebraica significativa rispetto ad altri settori (7%).  


D’altra parte invece i giovani italiani, per poter divenire uomini nuovi fascisti dovevano essere educati e soggiacere a norme del regime anche nel loro tempo libero. Vennero così create una serie di organizzazioni. Tra tutte, degna di nota è l’Opera Nazionale Balilla, un’istituzione volta all’educazione fisica e morale dei bambini e degli adolescenti. In essa erano raggruppati i Balilla, ossia i bambini tra gli 8 e i 14 anni e gli Avanguardisti, ovvero gli adolescenti tra i 14 e i 18 anni. Le bambine e le ragazze erano raggruppate, invece, rispettivamente, nelle Piccole e nelle Giovani Italiane. 

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5. HISTORIA MAGISTRA VITAE?

In queste settimane abbiamo avuto il piacere e l’onore di discutere sull’antisemitismo con alcune autorevoli persone: il Presidente dell’Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED) - Udine, il Sig. Balestra, due figli di deportati, il Sig. Burelli e il Sig. de Lucia, una scrittrice e docente di lettere, la Prof.ssa Sbuelz, una docente di "didattica della storia" presso la Libera Università di Bolzano, la Prof.ssa Tiburzi.

A tutti loro, al termine della conversazione, abbiamo posto questa domanda: Historia Magistra Vitae? 

Ognuno di loro ci ha riposto in maniera ampia, con contributi e riflessioni molto interessanti, svelandoci così i loro punti di vista, che di seguito vogliamo riassumere e ben rappresentare.

Un elemento che accomuna tutti, è sicuramente il ruolo che assume l’educazione, non solo all’interno delle mura scolastiche, ma anche nella vita quotidiana.  

Dalle parole della Prof.ssa Tiburzi è emerso che l’insegnamento e la conoscenza delle tragedie passate rendono una persona migliore, posto che tali opere, in particolare per noi giovani, rappresentano l’esempio da cui trarre ispirazione e imparare moltissimo per poi abbracciare qualsiasi professione, non solamente quella dello storico. Fondamentali per il raggiungimento di questo obiettivo sono l’Humanitas, ossia la cultura letteraria, virtù di umanità e stato di civiltà, venuta totalmente a mancare nel XX secolo, e la Pietas sentimento, purtroppo assente nei giorni nostri, che induce amore, compassione e rispetto per le altre persone. 

Nel corso dell’intervista con la Prof.ssa Sbuelz ci ha colpito molto la seguente affermazione: “La storia sarebbe un’ottima maestra di vita. Purtroppo, però, noi tendiamo a non essere affatto buoni scolari. Siamo noi che non impariamo abbastanza. Non riconosciamo certe dinamiche. Uno dei termometri più significativi e determinanti di un Paese è la capacità di dimostrare non tolleranza, ma accettare, difendere e proteggere le proprie minoranze comprovando così una grande forma di maturità civile.”

Secondo il Sig. Burelli, invece, sicuramente qualche insegnamento viene tratto dal passato, però non è sempre così facile, poiché la “Storia” si ripete, ma sotto altre forme. Nella società odierna, una forma di dittatura potrebbe essere esercitata attraverso i social media e il rischio, come ha affermato il nostro intervistato, è quello di accorgersene quando ormai è troppo tardi.

Il Sig. de Lucia, invece, ha sottolineato che la storia è maestra di vita, se abbiamo l’interesse e l’umiltà di trarne insegnamento. Noi siamo la somma di ciò che siamo stati. Oggigiorno nessuno inventa nulla, poiché ci si rifà sempre a un patrimonio precedente.

Infine, il Sig. Balestra ha affermato che ricordare è un dovere nei confronti di chi ha perso la vita e ha patito sofferenze, ma anche e soprattutto una necessità per questa società affinché quei valori che ci uniscono non vadano dispersi. Ciò significa che la memoria non è un semplice accadimento, ma un atto che si compie tra i vivi, volto a legare loro tutti al fine di costruire una coscienza pubblica. Da queste durissime vicende dobbiamo tutti uscire come cittadini più consapevoli e più partecipi al cammino verso un futuro di pace e di fraternità. 

Con profonda consapevolezza dell’importanza e della profondità degli argomenti discussi con i nostri intervistati ora abbiamo più coscienza dal momento che abbiamo l'obbligo di essere noi giovani ad avere la responsabilità, per poi tramandarla alla generazione che verrà dopo di noi, di provare a diventare "scolari" più diligenti attraverso anche il più piccolo e quotidiano gesto volto a fare la differenza in un mondo dominato da pregiudizi, ostilità e odio. Ora abbiamo ancora più contezza che l’odio non può essere definito un sentimento, bensì una malattia, che uccide chi ce l’ha e non, di certo, gli odiati.

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Gli intervistati:

Antisemitismo: Team
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Sig.  Marco Balestra

Presidente dell'ANED di Udine

Le interviste:

Antisemitismo: Testo

1. Ci sono differenze tra la ricostruzione della Shoah e la deportazione politica o sono due episodi dello stesso “sistema”?

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2. Dal suo punto di vista qual è l’atteggiamento che i deportati hanno nei confronti dell’esperienza che hanno subito?

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3. Quando ha sentito per la prima volta la storia di suo padre? Come ha fatto a trovare il coraggio di parlarne?

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4. Crede che le cerimonie per il ricordo della Shoah e della deportazione abbiano contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto ai crimini contro l’umanità commessi durante la seconda guerra mondiale?

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5. In che modo la negazione della Shoah e della deportazione politica hanno rafforzato, negli anni, le idee antisemite?

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6. Oggi giorno ci sono, purtroppo, troppi casi di antisemitismo, partendo dalle semplici svastiche nei quartieri ebraici ad atti molto più gravi. Secondo Lei perché oggi persiste ancora una probabile ignoranza che porta ad un odio e paura verso gli ebrei, qual è il motivo che porta le persone ad avere appunto dei comportamenti antisemiti?

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7.  Perché secondo Lei il fenomeno dell’antisemitismo persiste ancora oggi?

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8. Internet e la crescente importanza dei social media hanno contribuito ad aumentare l’odio e i pregiudizi antisemiti?

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9. I social media oggi sembrano muoversi per limitare sulle proprie piattaforme i messaggi di odio. Facebook di recente ha bandito qualsiasi commento sul negazionismo della Shoah. E anche Tik Tok ha lanciato nuove linee guida contro l’hate speech. Come reputa queste iniziative?

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10. L’attuale pandemia ha contribuito secondo Lei a rinfocolare i vecchi pregiudizi?

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11. Cicerone diceva che historia magistra vitae. Lei ritiene che sia stato tratto dalle tragedie passate il dovuto insegnamento?

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GRUPPO N.1

Speriamo che il materiale proposto sia stato stimolante, che abbia fornito uno spunto di riflessione e che abbia reso ciascuno più consapevole su questa tematica.

Laura Conte

Riccardo Furlan

Gabriele Sguazzin

Elia Coprivez

Anna Klauss

Carlotta Andrea Todone

Martina Dentamaro

Kylie Meneghin

Antisemitismo: Testimonianze
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